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Beyoncé riscrive le regole del country: il trionfo del “Cowboy Carter Tour”

Con il “Cowboy Carter Tour”, Beyoncé dimostra ancora una volta di essere un’artista capace di trasformare la musica in un mezzo rivoluzionario. Il 28 aprile 2025, al SoFi Stadium di Inglewood, California, ha preso il via un tour che non è solo un concerto, ma una dichiarazione culturale, politica e identitaria. L’artista texana rilegge il country alla luce delle sue radici afroamericane e sfida i confini di genere musicale, estetico e sociale.
Ma prima di esprimere il mio parere sull’album e sul Tour, andiamo a vedere alcuni dei punti più importanti dello Show!

Una scaletta da manifesto

La performance, suddivisa in otto atti, conta ben 36 brani. Beyoncé esegue quasi per intero il suo album “Cowboy Carter” (2024), tra cui i singoli di successo “Texas Hold ‘Em”, “Jolene” (reinterpretazione audace del classico di Dolly Parton), “16 Carriages” e “II Most Wanted”, in duetto con Miley Cyrus. Accanto ai nuovi brani, non mancano le hit del passato: “Formation”, “Diva”, “Run the World (Girls)” e l’iconica “Crazy in Love”.
Un momento particolarmente emozionante è stato l’omaggio all’America nera con una potente versione dell’inno nazionale, ispirata a Jimi Hendrix, seguita da “Freedom”. A sorpresa, Beyoncé ha eseguito anche “Blackbiird” dei Beatles, rendendo omaggio alla lotta per i diritti civili.

Scenografia e spettacolo: tra futuro e vecchio West

Il palco è un’opera d’arte in sé: una stella a cinque punte che si apre verso una passerella triangolare, dove Beyoncé si muove tra bracci robotici, tori meccanici, piogge di fuochi d’artificio e veicoli volanti, incluso un Cadillac Eldorado rosso che solca l’aria. L’altalena a forma di ferro di cavallo e i riferimenti alla cultura western si alternano a proiezioni digitali e luci LED che creano un’atmosfera sospesa tra tradizione e avanguardia.

Moda country couture

Il tour è anche un evento di moda. Beyoncé indossa oltre 20 look personalizzati, firmati da stilisti come Mugler, Burberry, Vivienne Westwood, Alexander McQueen, Diesel, Moschino e Louis Vuitton. Tra gli outfit più memorabili: un body bianco con corsetto e chaps da cowgirl, adornato da 1.740 frange tagliate al laser; un catsuit in denim con inserti brillanti; un abito LED che trasforma Beyoncé in una bandiera americana vivente. Il valore stimato del guardaroba supera i 2,7 milioni di dollari: un investimento che riflette la centralità della moda nella narrazione del tour.

Famiglia e intimità sul palco

A sorprendere il pubblico non è stata solo la potenza dello spettacolo, ma anche la sua intimità. Beyoncé ha portato con sé sul palco le figlie Blue Ivy, già veterana delle coreografie, e la piccola Rumi, al suo debutto, che ha accompagnato la madre durante la toccante “Protector”. Un momento che ha unito l’energia del pop all’emozione della maternità, sotto lo sguardo commosso del pubblico.

Un atto politico e culturale

“Cowboy Carter” è più di un album: è una presa di posizione. Beyoncé riporta alla luce le radici nere del country, spesso dimenticate o marginalizzate. Rende omaggio a figure come Linda Martell, prima donna afroamericana a farsi strada nella scena country, e trasforma ogni performance in una lezione di storia musicale e sociale. Il tour diventa così un viaggio collettivo nella memoria americana, filtrata attraverso la voce di una donna nera, texana, che si riappropria di una cultura che le appartiene.

Le prossime tappe

Dopo la tappa californiana, il tour proseguirà in città come Chicago, New Jersey, Miami e Atlanta, fino ad approdare in Europa, con sei date a Londra già sold-out. La conclusione è prevista per il 28 e 29 giugno nella sua Houston, chiudendo un cerchio simbolico iniziato proprio nel cuore del Texas.

Critiche e riflessioni

Nonostante il successo travolgente del “Cowboy Carter Tour”, non sono mancate le critiche e i dibattiti. Alcuni puristi del country hanno espresso perplessità sulla reinterpretazione del genere operata da Beyoncé, ritenendo il suo approccio troppo contaminato da elementi pop e urban. Tuttavia, questa tensione mette in luce una questione più ampia: chi ha il diritto di definire l’autenticità di un genere musicale? Beyoncé non si limita a esplorare il country; lo ridefinisce attraverso la sua esperienza, offrendo una visione personale e storicamente consapevole. È proprio questa capacità di rompere le barriere e suscitare confronto che conferma il valore artistico e culturale del progetto.

I fan visibilmente emozionati ed eccitati nei giorni successivi hanno creato numerosi contenuti sui social, destando maggiore curiosità e interesse, nei confronti del tour stesso e non solo… quali saranno i prossimi outfits del tour? Chi saranno le guest star con la quale duetterà? ci saranno cambiamenti o aggiunte alla scaletta dei brani? beh, inutile chiederselo… chi segue da tempo la Sign.ra Knowles/Carter sa benissimo che non può fare previsioni, lei stessa è una sorpresa continua!
Presenti alla prima tappa del suo Tour anche la Mamma Tina e Oprah Winfrey.

Il mio personale parere…

Con “Cowboy Carter”, Beyoncé non ha solo pubblicato un album, ha scardinato un genere. Con il tour omonimo, ha confermato la sua posizione non solo come una delle più grandi performer viventi, ma come una visionaria che riesce a trasformare ogni progetto in un manifesto culturale.
L’album è una dichiarazione d’intenti: ricco, stratificato, politicamente consapevole. Beyoncé non si limita a cantare il country: lo attraversa, lo interpreta e lo ridefinisce, riportando alla luce le radici afroamericane spesso dimenticate del genere. Brani come “Texas Hold ’Em”, “16 Carriages”, “Jolene” e “II Most Wanted” sono potenti, profondamente evocativi, ma anche estremamente accessibili. La produzione è impeccabile, il songwriting maturo, le collaborazioni azzeccate.
Il Cowboy Carter Tour è l’estensione visiva e scenica di questo viaggio musicale. Ogni concerto è un kolossal, una festa, una dichiarazione. Il palco a forma di stella, le coreografie travolgenti, gli abiti couture da oltre due milioni di dollari: tutto è pensato per lasciare un’impronta nella storia dello spettacolo dal vivo. Ma oltre l’apparenza, c’è il cuore: momenti di intimità autentica, come quando Beyoncé con le figlie Rumi e Blue Ivy su “Protector” ha emozionato il pubblico, dedicandogli un momento di autenticità o quando omaggia le eroine dimenticate del country afroamericano.
È raro assistere a un progetto così completo, coerente, innovativo. Beyoncé riesce a intrattenere, educare e commuovere.
Non dimentichiamoci che Beyoncé è stata nominata la più grande popstar del XXI secolo da Billboard, un riconoscimento meritato per i suoi 25 anni di carriera e oltre 200 milioni di copie vendute.

Che dire Queen Bey continua a incantare e lo farà per sempre!
Voto finale: 10/10
Un’opera totale, destinata a cambiare per sempre il modo in cui percepiamo il country e la musica pop in generale.

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